In assenza dell’artista
Claude Morini
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Claude Morini
Mostra dal 18 gennaio al 1° febbraio 2014
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Un’amica dei figli dell’artista, Eva Vautier, ancora adolescente, si imbatte in Claude Morini, con dei quadri sotto braccio, sulle scale di casa sua.
In occasione della pubblicazione del catalogo ragionato delle sue incisioni – edito da stArt e l’Ormaie – e dell’omaggio della città di Nizza – un’esposizione dell’intera opera incisa – mette a disposizione il suo spazio per quindici giorni. La galleria presenta normalmente artisti giovani e viventi per una mostra d’arte contemporanea. Questa volta l’artista non c’è. Il 22 maggio 1982, all’età di 43 anni, Claude Morini lascia l’azienda. Si tratta solo di una parte di un’opera che all’epoca non era nemmeno considerata contemporanea.
Realizzato con inchiostro, pastelli o carboncino, con matita e pennelli autentici, è il lavoro di un “pittore da cavalletto”! Nessun happening, nessun video, ma un odore di acquaragia… che ci ricorda un’epoca in cui l’artista già dipingeva controcorrente rispetto all’avanguardia nizzarda…
Claude Morini ha scelto di andarsene. Ma non ha portato con sé il suo lavoro. È “in assenza dell’artista” ma “in presenza dell’opera” che Eva Vautier ha deciso di presentare Morini.
F B.
Claude se n’è andato, in punta di piedi, e da qualche parte vicino a Monique è felice, mentre qui sotto i suoi figli vegliano ancora sull’anima di questo quadro commovente, nato dal cuore e dall’amore di un uomo disperatamente libero.
Frédéric ALTMANN,
in Claude Morini, La passion de peindre, Edizioni stArt – 2002
Ricordo quando ero più giovane e pensavamo, con l’oggetto, di aver seppellito i Morini, i Vigny ecc. In realtà Morini continuò a dipingere l’essenziale. Come potevo sapere che Morini soffriva così tanto per l’arte? che voleva dire tutto e si è girato? (4/07/2001)
Se fossi stato responsabile della cultura a Nizza, avrei messo Morini al Mamac. Anche se questo significa avere un blackout completo da Parigi e sentirci chiamare “nerd”. (14/06/2005)
Ben VAUTIER, Ben-vautier.com
“Sì, l’essenziale è invisibile… Ma il pittore ha bisogno della materia, una tela non può rimanere bianca. Sospettava forse che, affermando la sua verità, si sarebbe trovato immediatamente di fronte ai sostenitori del vuoto in pittura, per i quali una tela che rimane vuota non è silenzio ma espressione? (…)
Claude Morini aveva accettato una volta per tutte che l’opera d’arte è l’alleanza di una forma e di un pensiero, mentre tutti intorno a lui decostruivano a volte l’una, a volte l’altro.
Pierre PROVOYEUR,
in Claude Morini, La passion de peindre, Edizioni stArt – 2002
Morini, mi permetto di scrivere, non ha mai dipinto altro che l’angoscia della morte, anche quando negli occhi dei suoi personaggi si poteva leggere la speranza o l’attesa del piacere.
Max GALLO,
in Hommage à Morini, Catalogo retrospettivo Château Musée de Cagnes-sur-Mer, marzo 1985
Da bambino è stato esposto alla pittura, in particolare a quella del nonno materno, il pittore impressionista ungherese Edmund Pick, detto Morino. Il suo nome d’artista ha ispirato il suo pseudonimo.
Ha ricevuto un’educazione cristiana e si è impegnato fin da giovane in una serie di attività caritatevoli.
Dopo un’adolescenza poco studiata, ha iniziato a dipingere. Ma all’età di 17 anni dovette recarsi a Parigi per frequentare una scuola di economia. Questa partenza lo costringe ad abbandonare gli anziani di cui si prende cura e non è priva di problemi…
Abbandona questa formazione e trascorre un anno nell’atelier di Penninghen; poi lascia la capitale per stabilirsi nel monastero di Cimiez a Nizza. Lì incontra lo zio, pittore e monaco, che lo accompagna ovunque per dipingere… Ha trascorso alcuni mesi all’Arts Déco di Nizza, ma ha praticato principalmente la ceramica a Vallauris.
Incontra Monique Beaugrand, la sua futura moglie, nell’ambito delle attività di beneficenza che sta svolgendo di nuovo…
All’inizio del 1960 si trova a Brives per il servizio militare; un anno dopo viene chiamato per l’Algeria. Questo periodo senza pittura, segnato dalla guerra e dalla separazione, preannuncia la malattia. Alla fine del 1961 viene rimpatriato e ricoverato al Val-de-Grâce dove viene curato per epatite e depressione. Infine, la smobilitazione definitiva nel marzo 1962. Si trasferisce a Vallauris e sposa Monique a luglio.
Da quel momento in poi si è occupato principalmente di pittura ed esposizioni.
Nel 1963 nacque il suo primo figlio, che chiamò Francesco a causa della sua ammirazione per il “poverello” di Assisi. Non smette di dipingere e inizia a partecipare a numerose mostre; nel 1965 riceve il premio UMAM. Nel suo lavoro si percepisce tutta l’ammirazione per Georges Braque ma anche per Nicolas de Staël. Nel 1966 nasce Marielle, la sua unica figlia, mentre Antoine, il suo ultimo figlio, nasce tre anni dopo.
Oltre alla pittura a olio, sviluppò una tecnica speciale: l’aluchromia. La sua dimensione decorativa offre reali opportunità in architettura. Ma ben presto scoprì che l’alucromia metteva in ombra il suo status di pittore. Inoltre, riduce le dimensioni delle sue opere, integra i personaggi, incide i suoi temi sull’alluminio e li espone nelle gallerie.
A partire dal 1976 torna con decisione alla pittura a olio e si dedica alla gouache. Espone in tutta la Francia e la Svizzera. L’iperattività e la successiva scomparsa di molti amici lo portano dritto in una grave depressione.
Dopo una convalescenza piuttosto lunga, tornò gradualmente al lavoro grazie all’incisione, alla quale era sempre stato sensibile. Lo prova e presto ci passa molto tempo. Lo considera un mezzo di espressione importante e lo usa con disinvoltura. Ha fondato il Collettivo di artisti della Libera Facoltà di Blausasc.
In pittura, i suoi temi hanno successo. Lì ha raggiunto la sua maturità. Ma il suo ritratto, presente ovunque, suscita un costante interrogativo. La sua pittura diventa ossessiva. La depressione lo colpisce nuovamente e, in diversi attacchi, lo travolge.
Si uccide a Nizza il 22 maggio 1982.